Lo psicologo del lavoro e il covid 19
Foto: Paolo Profaizer 2020
La nuova condizione cui siamo sottoposti, a causa dell’emergenza sanitaria in atto, può coinvolgerci a livello di stress, causando emozioni con risvolti nocivi. Lo stato di stress negativo, può ripercuotersi sul benessere psicologico, fisico e sociale (Cox e Griffith, 1995).
Lo psicologo del lavoro, inteso come professionista anche nella gestione degli stati emotivi, è la figura più idonea per intervenire al fine di ridurre lo stress percepito e per prevenire possibili danni all’individuo e all’organizzazione.
Il primo ambito individuabile, in cui sono spendibili le competenze della psicologia del lavoro, è quello legato al cambiamento dovuto all’introduzione del telelavoro.
Secondo Fatzer (2001) il cambiamento dipende dalla percezione delle proprie risorse e competenze. Cerchiamo allora di analizzare meglio il contesto in cui ci troviamo, al fine di capire quali sono gli strumenti e le risorse che abbiamo a disposizione per vivere al meglio la trasformazione in atto. In condizioni di non emergenza il telelavoro può essere uno strumento strategico e portare con sè vantaggi per lavoratori e aziende: favorire la conciliazione famiglia – lavoro, garantire maggiore autonomia organizzativa, facilitare il lavoro di persone con disabilità, aumentare la produttività, diminuire assenteismo e turnover (Greer, Payne, 2014), ridurre i costi legati agli spazi aziendali e gestire i profitti a favore di una riorganizzazione delle risorse (Nerdinger, Blickle, Schaper, 2008).
Tuttavia, oltre a portare vantaggi, il lavoro da casa può anche avere risvolti negativi quali il rischio di isolamento sociale, la difficoltà a stabilire confini chiari tra lavoro e vita privata, il disturbo derivante da altri familiari, la necessità di una maggiore motivazione intrinseca al lavoro (Nerdinger, Blickle, Schaper, 2008) ed infine le difficoltà comunicative derivanti dalla mancanza della comunicazione face to face (Greer, Payne, 2014).
Oggi la realtà con cui dobbiamo fare i conti è diversa da quella a cui siamo abituati e l’attenzione verso gli aspetti negativi del telelavoro va aumentata. Con le scuole chiuse e i bambini a casa può essere difficile delineare un confine tra lavoro e famiglia e viene a mancare anche l’aiuto dei nonni nell’accudimento dei figli. Per coloro che abitano da soli, essere costretti a lavorare da casa si traduce in isolamento sociale dovuto alla mancanza della rete lavorativa.
In un contesto così delicato il supporto dello psicologo del lavoro può essere una risorsa per non venire schiacciati dalla nuova situazione e per agevolare la situazione lavorativa casalinga. Se la scrivania di casa diventa il nuovo posto di lavoro è in questo contesto che bisogna intervenire per prevenire ed eventualmente gestire lo stress lavoro-correlato.
Gli aspetti legati alla gestione dello spazio e del tempo possono venirci incontro per differenziare l’attività lavorativa dalle questioni familiari. Attrezzare uno spazio dedicato al lavoro, aiuta ad identificare l’attività lavorativa. Stabilire un orario di lavoro e cercare di rispettarlo il più possibile aiuta a creare una routine e permette a colleghi e datori di lavoro di sapere quando potranno contattarci. È bene essere consapevoli che per mantenere una comunicazione chiara ed evitare situazioni di conflitto che possono causare stress, è importante che la comunicazione sia bidirezionale, che vi sia una chiara esplicitazione di bisogni e aspettative, che vi siano un ascolto attivo e la presenza di feedback (Engemann).
Anche i datori di lavoro possono mettere in atto misure atte a prevenire l’instaurarsi di una condizione di stress nel lavoratore. Tra le misure preventive indicate da Lehrer et al. (2007) troviamo la riprogettazione dei compiti di lavoro, la dotazione strumentale e tecnologica adeguata all’ambiente casalingo, il concordare orari di lavoro e la gestione efficace del cambiamento.
Da parte dell’azienda è essenziale che si instauri un nuovo modo di svolgere la leadership. Uno stile autoritario non è più concepibile vista la distanza e i lavoratori non possono più essere controllati sulla base della loro presenza. Ecco dunque che all’autorità va sostituita la fiducia. Tutto questo è accompagnato, secondo Pace (2001), da un cambiamento in termini di approccio valutativo, che deve essere orientato al risultato.
Il rapporto di fiducia tra lavoratore e azienda deve essere bilaterale. Se da una parte l’azienda è chiamata a riformulare il proprio stile di valutazione e controllo, da parte del lavoratore giocano un ruolo fondamentale la responsabilità e l’autonomia nella gestione del proprio lavoro.
L’ambito del telelavoro non è l’unico in cui lo psicologo del lavoro può intervenire. Vi è infatti una fetta di lavoratori che continua a lavorare, basti pensare all’ambito della sanità, all’ambito del sociale, ma anche a ditte di forniture e trasporti, così come a servizi di sanificazione, al settore alimentare, alle forze dell’ordine e una parte del settore dell’informazione e dell’amministrazione pubblica.
In un’intervista Tissone, segretario generale sindacato di polizia Silp Cgil, afferma che i lavoratori in divisa, così come tutto il personale che lavora nelle emergenze, sono esposti anche dal punto di vista della salute mentale. Questo poiché si trovano “costretti” a fronteggiare una situazione nuova con costanti preoccupazioni per la salute propria e dei propri cari.
Per i professionisti nell’ambito sanitario la situazione è ancora più delicata in quanto sono costantemente esposti al rischio di infezione e a un sovraccarico emotivo: carenza di adeguati dispositivi di protezione individuale, turni di lavoro incalzanti, fatica fisica, riduzione delle risorse umane e in alcuni casi precarietà organizzativa (De Mei, Lega, Sampaolo, Valli, 2020).
De Mei, Lega, Sampaolo, Valli (2020) individuano alcune indicazioni che possono essere utili a lavoratori e dirigenti delle strutture sanitarie per fronteggiare la situazione. Tra queste misure viene indicato l’accesso alla consulenza psicologica, inteso come tempestivo sostegno per la prevenzione di gravi patologie legate alla cronicità dello stress.
Alcuni esempi di misure in cui lo psicologo del lavoro può essere di supporto per aziende e lavoratori sono le seguenti: supportare la direzione nel garantire una buona comunicazione interna all’organizzazione, assicurarsi che vi sia un buon supporto tra pari; questo può essere fatto tramite una analisi aziendale volta ad individuare i campi di intervento e alla formulazione di strategie che favoriscano il cambiamento. Altre misure attuabili sono quelle rivolte ai lavoratori per sostenerli a mantenere uno stile di vita salutare e relazioni sociali, per aiutarli prendersi cura di sé restando in contatto con il proprio stato emotivo. Queste misure possono essere concretizzate organizzando, con l’appoggio della direzione aziendale, consulenze individuali con dirigenti e lavoratori, in modo da tutelarne l’anonimato. Il supporto fornito in consulenza è diretto all’individuazione di strategie individuali per far fronte alle difficoltà personali, lavorando su strategie e risorse del momento presente.
Dal lavoro con la persona possono emergere bisogni più ampi legati alla riorganizzazione aziendale. Tutte queste misure sono indispensabili per prevenire e tamponare lo stato di stress cui i lavoratori sono sottoposti.
Emerge dunque che lo psicologo del lavoro è una figura che può essere impiegata su più fronti. Il sostegno può essere fornito ad aziende e lavoratori, sia che siano in telelavoro sia che lavorino sul campo. L’intervento è essenziale per prevenire situazioni di stress, che a lungo andare potrebbero compromettere la salute dei lavoratori, ed intervenire sulle stesse qualora già presenti. Il lavoro dello psicologo del lavoro ha effetti positivi sia a livello di benessere e salute personale che aziendale.
Raffaele Virgadaula e Alessia Rattin